Il mondo dei social non sta semplicemente cambiando: sta subendo una mutazione strutturale. Meta riscrive le metriche, Facebook torna a spingere il video, Instagram manda in pensione la Reach e TikTok entra in un territorio geopolitico bollente. Per chi crea contenuti o gestisce un brand, questo è un momento in cui ignorare gli update significa restare indietro. Facciamo il punto con chiarezza, senza giri di parole.
Instagram: addio "Reach", benvenuta era delle “Views”.
Instagram sta facendo una delle mosse più radicali degli ultimi anni: eliminare la metrica “Reach” a favore di un unico indicatore, le Views.
Tradotto brutalmente: quello che conta ora è quante volte il tuo contenuto appare sullo schermo, non quante persone uniche lo vedono.
Meta lo ha detto esplicitamente tramite lo stesso founder, Mosseri:
“Repeat views saranno conteggiate. Una View è ogni volta che un contenuto appare sullo schermo di qualcuno, anche più volte.”
Un cambio di prospettiva enorme.
La Reach, già in caduta da mesi, sparisce, e arriva una metrica più simile a quelle dei sistemi di advertising. Ci piace? Dipende dai casi. Sicuramente spinge creator e brand a pensare in termini di frequenza, non solo copertura.
La parte positiva?
Instagram sta compensando con nuovi strumenti molto utili per chi vuole capire davvero come si comporta il pubblico. Tra questi:
“When people liked your Reel”
“When people liked your Carousel”
Sono piccoli dettagli, ma fondamentali per individuare pattern di comportamento e ottimizzare contenuti e orari di pubblicazione.
Insomma: Instagram cambia le regole, ma offre anche chiavi nuove per leggere i dati.
Facebook: il ritorno dei video.
Per anni Facebook è sembrato un gigante addormentato. Ma adesso… si sta risvegliando.
I dati interni e i test globali mostrano una tendenza chiara: il video sta tornando a crescere.
Nulla di sorprendente se si guarda al comportamento degli utenti:
sempre meno post statici,
sempre più consumo passivo,
sempre più contenuti verticali o “snackable”.
Facebook non vuole imitare TikTok o Reels, ma sta rimettendo il video al centro del feed, sfruttando due elementi che possiede e che nessun altro può replicare:
una rete sociale “reale”, fatta di amici, gruppi e familiari;
un algoritmo che premia più il tempo di visione che la viralità pura.
Per i brand questo significa due cose:
1) non sottovalutare Facebook, soprattutto se il target supera i 30.
2) investire in video brevi, utili e ritmici, ideali per essere consumati senza audio.
Chi aveva “abbandonato” Facebook potrebbe scoprire che oggi è uno dei terreni più fertili per reach, clic e community.
TikTok: ora non è più solo un social, è un caso politico.
TikTok non è semplicemente una piattaforma: è diventato un dossier politico.
A metà settembre, gli Stati Uniti hanno raggiunto un accordo per ottenere controllo e supervisione maggiore sul TikTok americano, ovvero il suo mercato principale.
Per i brand europei e italiani cosa significa?
Nulla di catastrofico, almeno per ora. Ma è un segnale forte: TikTok è entrato in una fase in cui regolamentazioni, limitazioni e oversight saranno sempre più frequenti.
Questo apre scenari nuovi:
algoritmi più controllati e potenzialmente meno aggressivi;
maggiori vincoli su dati e contenuti;
possibile rallentamento dell’innovazione negli USA, ma crescita costante fuori dagli Stati Uniti.
L’effetto collaterale?
I brand non americani potrebbero avere condizioni più stabili e meno vincolate rispetto al mercato USA. È una di quelle situazioni da monitorare con attenzione, ma che per ora non toglie a TikTok il suo primato di piattaforma più “esplosiva” per awareness e discovery.
